Lezioni di spagnolo #3 Te echo de menos
di Roberto Albini
In spagnolo l’espressione “mi manchi”si traduce in te echo de menos. La cosa che un po’ ci spiazza però, è che “mancare” si dice in realtà faltar, mentre echar significa “buttare”, così che se andiamo a tradurre letteralmente te echo de menos, ci accorgeremo che vuol dire “ti butto di meno”. Ora, immaginatevi per un attimo cosa sarebbe la storia della canzone popolare italiana, per esempio, se anche noi usassimo questa espressione. Oppure, pensate alla reazione del vostro compagno o compagna quando, dopo un’assenza, al telefono, gli confessate con un tono triste: “Oggi, ti schifo di meno”.
Lo spagnolo dichiara pacificamente che in verità non ha bisogno di te, anzi, normalmente lui ti “butta”, “ti allontana”, però poi, a causa della fragilità umana, a volte questo istinto gli viene meno, e ti avvisa. Quando uno spagnolo sente la mancanza di una persona, non si inginocchia a lui come noi implicitamente facciamo quando dichiariamo a qualcuno che ci manca, non vuole fargli pena. Pare quasi si stupisca della vena malinconica che lo coglie a pensarti, ma non si prostra a implorarti la tua presenza. Ti fa semplicemente capire che sì, avrebbe piacere ad averti vicino in quel momento, senza drammi. “Oggi mi sento che ti butterei di meno, non così spesso come faccio di solito”, sembra voler dire.
Allora anch’io ho provato ad applicare questa filosofia alle mie mancanze, ho cercato di minacciarle, di sfidarle: “Oggi schifo di meno a tutto”, ho dichiarato serio. Però non ci è cascato nessuno.
Sono mancanze italiane, ci tengono al posto fisso.
Perchè tu “mancanza” la associ a prostrarsi con qualcuno, magari mancanza è solo ” oggi ho bisogno di qualcuno e magari già domani non sarà più così”
“oggi ti schifo meno” ha senso se quel qualcuno non è una mancanza
Caro/a Qualcuno. Ti ho mai parlato delle sfumature?
Si, fin troppo!
Ancora troppo poco mi sa…
“Troppo poco” non sarebbe meglio (de)finirlo!?
Perchè?
Perché come per tutte le cose, belle o brutte, c’è necessariamente un(a) “fine”
Vabbè mi gratto allora.
appunto!
il/la fine non è riferita a sfighe impartite, per me puoi anche essere eterno poco mi cambia, il/la fine è riferita al finire o definire cose che non hanno ne capo ne coda!
ora se vuoi continuare a grattarti fallo pure, la trovo un’attività utile e per alcuni anche ludica
p.s. sto amando il nome “anonimo”
Lo confesso, mi sono perso.
Divertente, logica perfetta.
A dimostrazione che le lingue non sono suoni casuali ma espressione di meccanismi mentali e culturali.
Mi diverte: Sono mancanze italiane, ci tengono al posto fisso.
Beato a te che ti divertono, a me mica tanto :)
fai bene, “perdersi” la trovo un’attività salutare ;D
adoro queste mille sfumature… e adesso mi permetto io di mettere il link ad una roba scritta mesi fa…
( giuro non lo farò mai più!)