L’amico ritrovato (4 di bho)

Dunque a questo punto, se la storia che sto scrivendo fosse solo un’invenzione della mia immaginazione, credo che dovrei trovare un colpo di scena. Nei bei libri c’è sempre un cambio, una linea trasversale che spiazza il lettore, l’evento inaspettato che rincorre e sgambetta l’inaspettato naturale della vita al quale siamo abituati. Penso che sia per questo motivo che adoro la letteratura. Mi immergo fiducioso in una storia che ha il vantaggio unico di avere un principio e una fine, una logica che unisce questi due punti e un posto speciale d’osservazione da dove poter valutare le situazioni che popolano il racconto, con calma e in maniera distaccata. Nella vita questo non mi capita mai. Nella mia vita, sono io il protagonista. Le cose che mi accadono invece sono scritte da altri, non so chi ma sicuramente dei geni, che cercano e trovano costantemente colpi di scena ai quali però non sono mai sicuro di trovare una logica. E mi consumo nello sforzo di ipotizzare un finale che non arriva mai.
La gente odia la noia. Io al contrario la rincorro, anche se lei mi evita.
Leonardo non mi risponde come sua abitudine il giorno dopo aver ricevuto la mia mail. Però succede un fatto insolito: ricevo un messaggio da un indirizzo sconosciuto. L’oggetto recita “from the edge of the deep green sea”. Il titolo di una canzone. Non contiene testo ma solo un allegato. La foto di un orecchio. Un orecchio femminile. Ci sono dei ricci castani che ne coprono le forme, e tre buchi che in teoria avrebbero dovuto ospitare altrettanti orecchini. L’ultimo foro è allungato e arriva fino al lobo tagliandolo come se qualcuno avesse strappato il pendente con forza. Non c’è sangue, né è arrossato, quindi deduco che la foto è stata scattata diverso tempo dopo aver compiuto quel gesto. Ingrandisco l’immagine in cerca di non so cosa. Altri particolari. Attendo che l’orecchio mi racconti qualcosa di più del suo proprietario, ma l’orecchio resta muto, e io mi scopro un’altra volta a cercare un finale che non c’è.
Quando sei abituato a scrivere da un po’, impari a pensare alla realtà come fosse un racconto. L’esistenza si assiepa di metafore, tanto che alla fine ti viene da pensare che le cose esistano solo per generare l’esempio che le possa raccontare. E allora sembra tutto collegato, tutto concatenato, e che qualsiasi evento ti capiti serva solo a spiegarti qualche altro particolare che ti era sfuggito. Alla fine tutto ha un senso, ed è quello di provare a insegnarti il senso che ha senso solo trovi la forma adeguata per dargli un senso. Ed è per questo che sono due ore che fisso questo orecchio tagliato. So che vuole insegnarmi una lezione, se solo riuscissi a trovare il modo si associarlo a qualcosa che ne illustri il significato.
Chi manda la foto di un orecchio a uno sconosciuto?
Chi ama consapevole che prima o poi l’amore finisce?
Due domande simili che sembrano una la metafora dell’altra.
E Leonardo, che da quella volta è sparito, portandosi via un pezzo della mia adolescenza, che ha provato a raccontarmi l’amicizia, senza trovare la metafora adeguata per rappresentarla. Ed è rimasto così, nei miei ricordi.
Un racconto a metà, il cui finale è un orecchio muto.
Come tutto il resto.