La migrazione dei giganti – 19. Come sono diventato un gigante
di Roberto Albini
Non sono nemmeno l’aria che respiro, né le parole che non so più pronunciare. Non sono queste braccia enormi, questo ventre largo come un circo. Non sono il mio tempo, la mia epoca, non sono questa migrazione alla quale partecipo come ospite. Non sono quello che mangio, o quello che non mangio, non sono la fine di nessuna frase. Non sono l’abito e nemmeno il monaco. Non sono l’ombra che proietto quando cammino, neanche i sogni che dimentico la mattina. Non sono ragione né sentimento, né la pausa che riempie questi due stati. Sono fatto al settanta per cento d’acqua, e il resto ricordi.
L’ultimo ricciolo scompare dietro il collo del vecchio gigante, e come negli highlights delle partite rivedo tutte le migliori azioni degli ultimi tre anni. C’è sempre lei da qualche parte, nei miei ricordi, quando ho pensato di stare bene, anche se ora il concetto di “stare bene”, forse a causa del mio nuovo stato, si è ridotto al semplice non danno. Tutto sommato non sto rivivendo immagini vivide, piuttosto sembrano quadri, dipinti da un artista sconosciuto che ha voluto immortalarmi in queste sue tele, dove s’è divertito a rappresentare allegorie della serenità. Eppure non ho il coraggio di muovermi. Basterebbe fare un passo alla mia destra o alla mia sinistra, sarebbe sufficiente sporgermi un po’ con la testa, per vederla, per rincontrarla. Ma rimango immobile, in questi convenevoli tra giganti, dove non si fa finta di avere cose da dirsi.
E invece il gigante più giovane rompe gli indugi: “Armando nel lago fossa”, afferma con grande sicurezza indicando il Gasometro. Il Secondo si volta verso di lui, ma senza un reale interesse, il vecchio pure lo guarda e nel farlo sposta la testa per annuire a questa frase senza senso. Non credo che i giganti si comprendano tra loro, però possono far finta di farlo. Basta annuire per dimostrare intesa. Nel manifestare la sua partecipazione il vecchio scopre un pezzo di paesaggio, ed è in questo modo che riesco a vederla; come un incontro causale, in una stazione o in aeroporto, tra migliaia di sconosciuti, e confusione, prodigio della casistica che ha volte sembra avere sentimenti.
E’ in piedi, tra i pini, con una mano carezza le fronde. Guarda in basso verso nessuna cosa in particolare, in una sorta di meditazione o distrazione volontaria, con la caratteristica espressione persa che hanno tutti i giganti. Nonostante le dimensioni aumentate, le proporzioni del suo corpo sono rimaste inalterate, così come i tratti del suo volto. E’ strano. Dovrei sentire qualcosa, ma non succede niente, dentro e fuori di me. Lei è simile a come la ricordavo, è vero, ma mi sembra come se ci fosse qualcun altro a recitare la sua parte. Una brava attrice, somigliante pure, ma una copia, la rappresentazione di un personaggio. Il vento muove i suoi capelli, una ciocca le finisce su gli occhi e allora lei compie quel gesto, la scansa flemme con una mano, ed è questo che mi fa capire che è veramente lei. Più di tutto ricordo i suoi movimenti, il modo in cui la pelle delle guance si piegava quando parlava, come i suoi piedi calpestavano il suolo mentre camminava, il gesto lento di quando si toglieva i capelli dagli occhi. E’ contenuto tutto in questa scatola di fiammiferi, ciò che un tempo abbiamo chiamato amore.
Istintivamente faccio un passo avanti e supero il vecchio. Ora stiamo a pochi metri di distanza, eppure lei non sembra nemmeno vedermi. Si è persino voltata, verso quell’orizzonte dov’è diretta, come tutti noi, anche se non ha smesso di giocare con i rami dei pini. Decido allora di avanzare, lo faccio lentamente, un passo alla volta, ogni passo una domanda, e ogni domanda si perde nei miei ragionamenti da gigante, volatili come un gas. Quando gli sono davanti, lei per un attimo si distrae dal suo gioco e mi osserva. Dura un attimo come quegli sguardi nei mezzi pubblici, poco più che un contatto rispetto al quale con vergogna si abbassano gli occhi. Ma io non lo faccio. Non provo vergogna, non provo nostalgia, non provo paura. Non provo nulla. Proprio come mi succede con le parole, quando tento di riprodurre anche uno solo di questi sentimenti, mi si accatastano le sensazioni in petto e finisce tutto in una confusione che annulla qualsiasi significato. Non ho voglia di dire niente, e comunque non riuscirei a dirlo. Poi lei torna a concentrarsi sui confini della Terra e si mette in moto per raggiungerli. Sparisce sfuocata dietro una serie di villette a schiera e capisco che finalmente l’ho lasciata andare. Che tutte le cose, se lasci la finestra aperta, poi vanno via da sole, compresi i ricordi. Compresi noi stessi.
Quando i giorni diventano lunghe sere, e le foglie cadono dagli alberi ingiallendo le strade, vuol dire che è già arrivata la stagione dei giganti. Tutti gli anni, di questi tempi, migriamo in massa diretti in nessun posto, attraversando interi continenti, passando muti dentro città disabitate, che non ci accolgono né ci respingono. Cammino senza toccare nulla, senza creare danni, stando attento a non fare confusione, insieme a folle che si assiepano per mancanza di spazio.
Questo è il primo anno che migro.
FINE
Non poteva che finire così, intriso di pessimismo cosmico e ironia impermeabile (quasi) ai sentimenti. Sono affezionata a questi giganti e mi mancheranno molto.
E comunque sei bravo e adorabile!
sei proprio sicura ? ;)
Non ti ci mettere anche tu! Già dice che lo tratto male! 😂
te lo dice per farti continuare, no? ;)
Ahahahah! È contorto, si sa!
Labirinth in confronto è strada spianata appena asfaltata !!
Quando arriva ci sistema lui, mi sa! :D
noOO figurati lui viene in pace, al massimo abbaia un po’. invece di ringraziarci, almeno noi portiamo colore in questo grigiore nichilista ;)
Vero! Quel bisbetico indomabile senza di noi come farebbe? :D
No caruccia sta cosa. Cioè guardate che sento è?…
Infatti!! Il bello è questo! :D
Ma il bello per chi? :D
Uffffffffffffffffffffff, come sei pignolo! 😘
Dici? Lo aggiungo alla lista di difetti allora
Certo! Non menzionare il fatto che ti riempio di complimenti! 😛
So già che un giorno mi presenterai il conto :)
Perché non mi conosci bene
Nemmeno tu se ci si pensa :)
Siamo talmente abituati alla mercificazione di tutto ciò che ci circonda, dai beni materiali ai sentimenti, da non riuscire a capire che il piacere di donare basta da solo a saldare il conto.
Te li prendi questi complimenti e basta, non voglio più un fiato!
Ao e se me lo dici così chi fiata…
Capimose subito ;)
Scusa se mentre penso a te che parli in romano mi viene in mente quando lo fa Massimo Boldi :D
A parte che lui è lombardo e io piemontese e l’accento è diverso direi che sei sulla buona strada….. :P
Lo so lo so :D Per questo rido
Poi dici che non sei contorto??? tiZ!!!! Hai sentito???
Shhhhh! Non l’invocare
Ahahahah!
sei riuscito a raccontarla un’altra bella storia, sei bravo!
Bravo e bello e genio
Tutto ciò era sottinteso…
Maledetto dono della sintesi che non hai
Ah ecco. Hai fatto bene a specificare
Ci sono storie che una volta finite, ti lasciano un pezzo e nulla più.
Altre che invece entrano sottopelle e la parola “fine” si trasforma in un lungo e malinconico sospiro…
Mi (volevo dire “ci” ma posso parlare solo per me, per quanto io sia certa di non essere la sola ad adorare cosa scrivi…) stai abituando a storie meravigliose, piene di delicato cinismo, osservazioni disincantate ma non troppo del tempo che viviamo, colpisci dritto in pieno petto…
Sarà un sospiro lungo, apparentemente interminabile… almeno fino alla versione cartacea ( perché questa volta, se fai scherzi e non arriva, giuro che ti vengo a prendere e son cazzotti!)
Mannaggiatté!
Brava Tati, menalo per bene!
dici?
sai che secondo me è partito per le vacanze e ci lascerà qua a bollire nel brodo di questa storia finita… chissà per quanto tempo…
Naa, sta facendo quello che se la tira… sai gli scrittori. ..
Non ci credo… Secondo me fa il duro ma poi è tenero come un semifreddo al cioccolato!
Allora, per sviare ogni dubbio non sono né duro né tenero. Sono gassoso (grazie)
È inutile che fingi!… In ogni caso gassoso è un bello stato … ( lo dici a me? Per cosa?)
Oddio cosa ho detto?
non so, rileggi…
Se ho capito bene, lo dico all’universo
quindi non era il caso di metterlo nei commenti ad una mia risposta… altrimenti mi confondo! :D
Non fai parte dell’universo?…
Forse hai ragione… Mmmm… Forse… In ogni caso non ho intenzione di spargere la voce OCCHEI?!
Stai calma…
non ci penso nemmeno…
Ci penserà il caldo a farti abbassare la testa
ti sbagli, il caldo mi rende solo acida e insofferente… odiosa come non mai!
pppprrrrr
Vabbè ci risentiamo a novembre, scrivi mi raccomando
Non so se questa volta smetterò di essere odiosa … Addio!
Eccoci all’ultimo episodio! Non ho saputo resistere e ho letto i primi commenti a caldo… Ora rileggo le ultime 3/4 puntate ancora non lette (che pregusto!) e torno per un sicuro commento finale. A più tardi…
“Tutte le cose, se lasci la finestra aperta, poi vanno via da sole”. Allora meglio aprirne una in più, dall’altra parte. Così fa corrente e vanno via prima.
Uh, ma…t’hanno mai detto che sei bbravo? ;)
In questa ultima tua affermazione ci trovo qualcosa di inquietante… Dove si trova esattamente l’altra finestra?…
Eh, credo proprio che a questa domanda dovrai rispondere tu con un altro racconto.
Hem.. Ma no, forse è maglio lasciare un poco di magico mistero…
Dici? Dai, insisti su quell’ “Hem”, lavoraci.
In effetti ha delle potenzialità
C’è un momento in cui le persone smettono di appartenerci, come disamore, come niente da dichiarare, senza alcuna recriminazione, dove non si prova più nulla. E non è odio, non è rivalsa e nè rimprovero. C’è un momento in cui la nostra stagione cessa, con il volo dell’ultima foglia ingiallita e fermi ce ne stiamo aspettando persi con lo sguardo all’orizzonte. Senza far niente, senza dire niente, senza desiderare più niente.
Brava tiZ. Direi che hai colto e riassunto perfettamente.
Sì è proprio così. E in quel momento, si diventa paesaggio, ci si confonde tra questa massa incolore e inodore, la gente, che secondo me assomiglia tanto a schiere di giganti muti in movimento per nessun senso.
E’ stata una lettura diluita e assaporata, attraverso le tante puntate.
Un viaggio davvero interessante, fresco, sul dorso della tua scrittura agile, sciolta. Gradevole, immediata, potente e leggera allo stesso tempo.
Ora lascio decantare e risuonare i passi (goffi e pesanti) di questo nuovo gigante. Delle sue prese di coscienza. La gigantesca metafora, sottesa a quell’unica, piccola, lapidaria parola, “fine”, che suggella, anche nella forma, l’intero racconto, ma che nella vita può costare più d’una metamorfosi, più d’una migrazione, devastazione, rigenerazione, prima di essere definitivamente elaborata.
Complimenti non ne faccio più, che non ce n’è bisogno.
E’ stato un vero piacere.
Più di tutto, e non scherzo, il tuo piacere è stato il mio.
Io me lo sono riletto tutto daccapo (già, ho troppo tempo) e forse (dico forse) ci ho addirittura capito qualcosa: i giganti non sono che uomini sotto a una lente di ingrandimento in fondo, servono a farci vedere meglio ciò che comunque c’è già negli uomini. Sembrerebbero soprattutto cose brutte e sconfortanti, ma questo non era imprevedibile…
Comunque sia, complimenti. Sei davvero bravo tu ed è giusto dirlo, anche se lo sai già.
Ogni bene!
Già solo che te lo sei riletto meriteresti un premio. La tua interpretazione mi sembra corretta, e sinceramente essere bravo o meno conta relativamente. Mi piace di più quando catturo la curiosità come nel tuo caso. Grazie
Beh sul premio possiamo metterci d’accordo, tu cosa proponi? :D
Hem.. tu cosa preferisci carote o patate?…
Cos’è, una domanda a trabocchetto? No guarda, mi imbarazza lo sfarzo dei tuoi premi, facciamo che ci rinuncio :)
Almeno donali ai bambini poveri :)
Sono cattivo ma potrei pensarci… :)