Il ladro di passeggini (Parte I – Di come partì per il Sudan)
di Roberto Albini
Il barista sbuca dalla porta a vetri, la sua pancia lo precede. Si ferma sulla soglia, rivolge uno sguardo distratto al marciapiede, poi alza gli occhi verso i lampioni, fa una smorfia come se vi fosse qualcosa di sbagliato. Gira la testa a destra, osserva la strada deserta, ma con puntiglio, quasi stesse cercando qualcosa nascosto da qualche parte. Poi si volta verso sinistra e inizia a fissare un tizio, anziano, seduto al tavolino del suo bar. “Sta ancora qui,”, pensa, “un’ora seduto e non ha ancora ordinato nulla”. In quel momento il cliente incrocia il suo sguardo, non si dicono niente ma si capiscono perfettamente. L’uomo seduto rompe il ghiaccio: “Ah, proprio lei stavo cercando. E’ un’ora che aspetto di essere servito!”. Il barista rimane spiazzato, non si aspettava quest’attacco, allora, imbarazzato arrossisce, farfuglia qualcosa nel tentativo di scusarsi. Vorrebbe rilanciare, ma non trova le parole, forse non le ha mai sapute, o chissà se le è dimenticate. Magari qualcuno, distrattamente, le ha scambiate per zucchero, e le ha sciolte in un caffè. Nell’indecisione, pronuncia l’unica frase che gli rimbalza in mente, dalle sei del mattino sino alle nove di sera: “Cosa desidera?”. Il signore al tavolino, che nel frattempo non gli ha levato gli occhi da dosso, annuisce, afferra con decisione il menù girando le pagine con estenuante lentezza. Passa un’auto, l’uomo perde tempo a guardarla scomparire nel buio fino a quando riesce a veder brillare le sue luci, poi si rimette a leggere. Una gamba accavallata, una sigaretta stretta tra l’indice e il medio. Chiude di colpo il menù, lo appoggia sul tavolo. “Mi porti una Peroni. Anzi un Peroncino. Grazie”. E si volta verso la strada. Vuota. Il barista rimane per qualche secondo in piedi davanti a lui. Non dice una parola. Si volta di scatto, la pancia continua a precederlo ed è la prima a sparire di nuovo oltre la porta a vetri.
L’uomo seduto smette di guardare il niente, e torna a sedersi in una posizione più comoda. Osserva verso la porta, schiocca la lingua. “Finalmente se n’è andato questo scocciatore”, dice scuotendo la testa. “Non mi fraintendere, non è nulla di personale. Non mi ha fatto niente a me quel tipo. Ma quando sto parlando con un amico, quando come adesso mi viene di aprirmi, non mi va che qualcuno ascolti. E questi, te lo dico io, i baristi intendo, sono degli impiccioni, vivono di questo. Voglio dire, tu non sarai mica uno di quelli che pensa che i baristi traggano le loro soddisfazioni dal modo con cui preparano un caffè, o i tramezzini… Ma no. La vera gratificazione sta nel fatto che passano tutto il giorno ascoltando i discorsi delle persone, di un sacco di persone. Sanno tutto, loro. I baristi. Ed è per questo che non volevo iniziare a parlare con lui in mezzo. Dunque, stavamo dicendo… Ah, sì. Ora ricordo…”
Il barista torna con un piccolo vassoio in mano in cui laconica giace una bottiglietta di birra. Il barista arriva veloce, la sua pancia ad ogni passo sbatte contro il vassoio, che posa delicatamente sul tavolo. Accenna un inchino, e se ne va muto.
Il cliente sorseggia un po’ di birra, si asciuga la bocca con una manica. Schiocca la lingua. “Tu sei giovane, e per fortuna l’hai solo sentita raccontare. Ma io l’ho vissuta. Ah, puoi dirlo forte che l’ho vissuta. All’inizio del secolo, povertà, ingiustizia, morti. Un vero flagello. La chiamavano: la Crisi. L’hai mai sentita nominare? Certo che sì, ci sarai andato a scuola qualche volta no? Erano brutti tempi quelli caro mio, un periodo più buio del Medioevo, quelli almeno avevano la fede, una fede sbagliata certo, ma è sempre meglio di niente. Noi, invece, non avevamo nulla: né dio, né, patria, né fede, né lavoro, né futuro. Soli, in mezzo a un deserto di menzogne e incertezze. Un’altra grande prova di coraggio della stupidità umana. Insomma anch’io avevo perso tutto, cioè niente, che per me era tutto. Ma, per fortuna, un giorno un barista mi disse una cosa. Era un vecchio barista, calvo con il tatuaggio di un delfino dipinto sul cranio pelato. Sapendo che me la passavo male una notte mi racconta che suo cugino è emigrato in Sudan, che si è comprato una piccola fattoria e che aveva iniziato a produrre mais. Mi rivelò che in Sudan, in quel periodo, il mais valeva più dell’oro perché faticava a nascere con quel clima, e chi ci riusciva diventava miliardario. Ci pensai qualche giorno, poi mi decisi e partii”. Schiocca la lingua, beve un altro sorso di birra, si accende una sigaretta. Per qualche secondo torna a guardare la strada, ma in verità non osserva niente. Lui non è più in quel posto. I suoi ricordi lo trascinano lontano, in Sudan. Quasi sessanta anni prima.
Perché si scrive medioevo grande? o si dovrebbe scrivere piccolo. il post si faceva troppo ansiolitico che sono sorti questi pensieri. inutili come sono inutili i discorsi da bar, quelli sulle crisi. .oggi mi ha chiamato qualcuno che dice di essermi amico per dirmi che,anche se non ha smesso i farmaci, si quelli lì, si sente molto meglio. si sente imprenditore di se stesso. io pensavo che una crisi era già pronta. scritto tutto minuscolo perché sono solo pensieri . non perché ho utilizzato la famosa lettura veloce :-)
Ah devo firmare. prima però ti segnalo che con la seconda lettura veloce ho rilevato voglia di paradiso perduto, fame di semplicità e un altro annoso problema. si dice ‘dosso’ ?sicuro poi non ci si sbagli con il dosso? :) Daniela
Per comprendere questo commento devo unire i puntini e scoprire cosa esce Danielina? :)
Si dai così ti distrai da altre occupazioni:) Robertino
Ma sei ingiusta! Non è un post sulla crisi! Mi serviva un contesto storico… che ci scrivevo “Nel periodo in cui hanno arrestato Corona”? :)
Non potevi prendere un altro contesto storico un po’ più chiaro se ti serviva solo come sfondo? che così i lettori non si confondono.
Perché il prossimo non inizi con ‘in quel tempo ‘ già che ci sei. sempre Daniela
E perché no” c’era una volta”?
Un po’ più chiaro della crisi? No è che l’era glaciale era un po’ troppo in là con il tempo…
hai ragione, poi è troppo inflazionata.
Ma “inflazionata” con “troppo ” non è un pò troppo?
Uno si concentra sulle formalità (dosso) quando non sa che dire della sostanza, sperando che dalla forma esca qualcosa.
E qualcosa esce sempre.
D.
Che è tutta questa saggezza, aò? Mica avrai ricominciato a bere :)
Promette bene, benissimo!
Promesse, promesse, solo promesse. Uff.
…ma no, non in quel senso; nel senso che poi mantieni! Con la seconda parte, mantieni. Io lo so… è una diretta conseguenza, che la prima promette e la seconda mantiene, no? Sì.E comunque io non mi formalizzo sulle promesse, nel senso che se anche la seconda parte non mantiene, fin qui m’è piaciuto.
Mi sento più rilassato ora. Non volevo far promesse, ma forse le mantengo. Mantenere le promesse senza averle fatte è un merito. Questo credo sia oggettivo.
E’ oggettivamente oggettivo, sì. Funziona.
Intrigante. Mi piace il tuo stile. Surreale ma non troppo.
Il barista l’hai disegnato in modo brillante. Così come la sua pancia che lo precede. ;-)
Aspetto con ansia la seconda parte.
No, no senza ansia. Con tranquillità, ok? :)
Ok. Ok. Ok. Ho detto ok! Ok? ;-)
nei passeggini ci sono anche i bimbi, o li preferisce vuoti?
Se ti dico tutto adesso, chi me lo fa fare a proseguire la storia?
frenerò la mia impazienza.
Immagino che fatica. Cercherò di scrivere al più presto affinché la tua pena sia il più breve possibile.
non merito tanto impegno da parte tua, prenditi pure tutto il tempo che ti occorre.
Poche persone sanno scrivere davvero. Pochi riescono a trasognare davanti un monitor bianco e blu che fruga furtivamente nella tua testa per sottrarti le storie. Tu sei uno di quelli che sa deviare le mani avide della modernità.
Mi imbarazzi. E di solito non è facile farlo. Grazie. Sul serio.
[…] Il ladro di passeggini (Parte I – Di come partì per il Sudan). […]
Sì esatto. Quindi?
Ahhhh….
Mo’ mi ha fregato Mr. Inc a fare il rebblog… Adesso me li devo leggere tutti!!!
Intanto il primo è una bella partenza!!!! :)
Non sarà di certo un dolore! :-)
Ah, il rebblog. Anche io lo facevo da giovane, ma poi ho iniziato ad avere problemi con la schiena, sai l’età… Adesso colleziono tartarughe turche. Però fate bene voi giovani a divertirvi…
sì ccciovani… ccciovani dentro!!! :-)
le tartarughe turche devono dare gran soddisfazioni… sicuramente meglio di molte persone…
racconto sublime, ma (come per tutte le cose belle c’è sempre un “ma”) …
una PERONI?!!! ma sei serio?! :)
E’ per amplificare lo squallore…
ho capito, ma poveraccio, già è stato reso invalido…almeno servigli ‘na corona, anche senza limone :)