Sei metri

di Roberto Albini

A sei metri d’altezza tutto è polvere, sudore, visi sfocati, risentimento e dolore. Un tremito mi spingerebbe a urlare ma non so verso chi, o cosa, qui ci sono arrivato praticamente da solo. Nemmeno una sigaretta, maledetta epoca di semi primitivi. C’è un cielo bianco sopra di noi. Non dice niente, se ne sta per i fatti suoi, non vuole entrarci nulla in questa storia. E pure se ti penso, padre, a cosa mi servi, sommersi come siamo in una pozza di miseria. La poesia è scomparsa, papà. Ce la dovrà inserire a forza chi mi racconterà, come sempre. Sarà un racconto di cose buone alle quali quelle cattive daranno la caccia, e tutto sarà l’eterna favola del bene e del male, nessuno menzionerà questa polvere che aspiro ogni respiro, né il dolore che sento all’anca destra così forte che mi viene ridere. Nessuno si ricorderà di questa risata, né di come li guardavo qualche attimo prima.
La verità è che non vi odio. Né vi amo. La verità è che non mi siete indifferenti perché vi porto tutti conficcati nelle tempie, e quando vi penso sanguino, ma solo allora. Prima e dopo è tutto come questa serata, se è sera, piena di foschia immobile senza ombre. Solo che. Perché alla fine mi avete messo quassù. Troppa fatica. Bastava dirlo, e sarei andato via. Buonasera signori.
Buonasera a tutti. A tutti quelli che non mi hanno capito, che il diavolo se li porti via. E a quelli che mi hanno ascoltato, senza comprendere, ma annuendo fiduciosi. Siete così idioti che mi viene da ridere, anche se questa risata non la leggerà nessuno. Adesso che vi guardo meglio, da sei metri d’altezza, capisco che vi ho amati per noia, e voi a me per necessità.
Cazzo siete veramente brutti. Mi viene da ridere, ma rovinerei il quadro, allora mi contengo. Mi contengo e penso che fate così pena che non ce la faccio a odiarvi, né ad amarvi. Resto così, come piace a voi, crocefisso in attesa di risorgere. Se mi va. Perché se non mi va mi accendo una sigaretta, quanto vi deciderete a inventarle.