L’uomo che morì per l’abbaiare di un cane (Parte IV)

di Roberto Albini

“Vabbé, a me è venuta fame. C’è ancora quella pasta al pesto di ieri?”. Mirella si girò di scatto stupita ma Manuel già era sparito in cucina, da dove si sentiva l’aprirsi e schiudersi di sportelli. “Ma insomma! Ti sembra il momento di mangiare?”, gli gridò. Lui sbucò con un pacchetto di patatine in mano. Finì di masticare rumorosamente i sette chili e mezzo di Crick Crock polacche del Todis che si era ficcato in bocca tutte in una volta, deglutendo come un ippopotamo. “Cosa c’è? Quando muore qualcuno non si mangia più? Cos’è che ti da fastidio di preciso scusa?”, poi si voltò verso Lucio che ancora giaceva riverso sul tavolo. “Ah, ho capito”. Appoggiò il pacco di patatine fritte su una sedia e si diresse veloce e scontroso verso il cadavere, lo sollevò di peso e come si trattasse di un grosso peluche lo mise a sedere sul divano. Prese il libro e glielo sistemò tra le braccia con la copertina rivolta all’esterno. Gli aggiustò anche un po’ i capelli. Lucio adesso stava sbracato su quel divano e, visto che era morto con gli occhi spalancati, sembrava quasi fosse ancora nel mondo dei vivi, o dei presunti tali. Manuel guardò compiaciuto la sua opera. “Va meglio ora?”, domandò sarcastico a Lucia che non aveva avuto nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Poi tornò ad aggredire le patatine.
“A volte sai essere veramente spregevole Manuel”. Ma lui non alzò nemmeno gli occhi. “Bha. Sei la solita donna che bada sempre alle apparenze. Sto mangiando, non sto facendo nulla di male”. Lei scosse la testa: “A nessuno verrebbe in mente di mangiare quando il proprio coinquilino è appena morto”. Ma lui scosse la testa: “Non è colpa mia. E’ la fame chimica. E’ irresistibile. Ma che fine ha fatto la pasta al pesto di ieri?”.  Francesca si girò verso Lucio, portandosi le mani sulle guance. “Certo che sembra proprio vivo… Fa un’impressione…”. Manuel era impegnato con il braccio completamente immerso nel pacchetto a catturare anche l’ultima molecola unta di patata. “E’ un’impressione, non ti preoccupare. E’ proprio morto, morto stecchito. Non basta avere gli occhi aperti per potersi considerare tecnicamente vivi. Questo sfugge alla maggior parte delle persone. Si svegliano la mattina, vanno a lavorare, dicono due o tre stronzate, fanno a gara con i loro guai per chi sopravvive alla giornata, e per loro va tutto bene: questa è la vita, dicono. Questa è la vita un cazzo, dico io. La vita è un’altra cosa”. Allora lei si avvicinò lentamente verso Manuel, un passo alla volta, fino a quando non stette a qualche centimetro dal suo naso: “E cosa è la vita, genio?”. Lui rimase un poco a pensare. Un pezzo di cibo masticato gli era rimasto aggrappato ad un angolo della bocca. “E io che cazzo ne so? Nessuno sa cos’è la vita, è proprio questo il problema”. Rispose a bassa voce.
Proprio in quel momento qualcuno bussò forte alla porta. Uno, due, tre colpi fortissimi, dati con il palmo della mano. I due rimasero immobili. Poi altri due colpi. “Aprite! Polizia!”.
Manuel sgranò gli occhi. “Cazzo, cazzo, cazzo…” sibilò facendo segno a Manuela di aspettare. Si gettò sul tavolo dove afferrò il grosso pacco di carta stagnola dove era avvolto il fumo e corse verso il bagno, dopo tornò come un lampo raccolse con una mano tutte le cartine sparse e il portacenere. Intanto fuori quelli ancora sbattevano alla porta. “Aprite è un ordine!”. Lei si avvicinò all’uscio: “Ecco, apriamo, un attimo solo…”. Manuel, sudato, si guardò intorno per accertarsi che fosse tutto in ordine. Annusò l’aria e scattando aprì di colpo la finestra, dopo annuì a Mirella che aprì la porta. Due poliziotti, con una divisa tutta blu aderente tipo da corpo speciale, entrarono con foga portandosi in un baleno al centro della sala. “State calmi. Se restate calmi tutto andrà bene”. Quello che parlava era il più anziano. Sulle spalle portava cuciti dei simboli ma dato che né Manuel né Alessia avevano fatto il servizio militare, non seppero riconoscere a che grado gerarchico appartenessero. Parlava con uno spiccato accento napoletano. L’altro invece era più basso e più giovane. Non badò a nulla, non aprì bocca. Si precipitò verso la finestra controllando prima con scrupolo cosa stesse succedendo fuori, poi estrasse dei ferri da una custodia di pelle marrone, alta di forma cilindrica, iniziando a incastrarli tra loro rapido, in maniera meccanica. Ci mise poco meno di un minuto a montare quello che alla fine si rivelò essere un fucile, con tanto di mirino laser e imbracatura per la spalla. Si accucciò dietro il davanzale con la canna puntata fuori, con un occhio attaccato al puntatore scrutando verso un bersaglio sconosciuto. Immobile.
Lucio osservava tutta la scena dal divano senza dire una parola. Anche perché, se avesse parlato, questa sarebbe tutta un’altra storia.
“Roger 5, capitano”. Disse il cecchino. “Tango 3”, rispose il capitano, senza levare gli occhi da Manuel e Patrizia.
Rimasero muti per un lasso di tempo che sembrò eterno, poi Sandra si schiarì la voce più che altro per riacquistare una salivazione normale. “Posso offrirvi qualcosa? Volete un caffè?”. Manuel la guardò con gli occhi sgranati come per dire “Ma che cazzo dici?”. Il capitano, invece, sciolse la sua espressione di ghiaccio sforzandosi di sorridere. “Ma sì, grazie, solo per me però. Vero Caputo che tu non lo vuoi il caffè?”. Caputo nemmeno si voltò. “Roger 5, capitano”, rispose secco come il fischio del segnale di un fax. Margherita sparì dentro la cucina. Nella sala gli unici due essere viventi rimasti erano Manuel e il capitano.
“Mi scusi capitano, ma cosa sta succedendo?”, chiese Manuel cercando di inchinarsi con il tono della voce. L’agente continuò a scrutare il ragazzo, prendendosi volutamente una pausa eterna prima di rispondere. “Il Papa”, disse infine. Manuel si aspettava continuasse, ma non successe. “Il Papa cosa?”, insistette con timore. “Il Papa, ha deciso di venire qui, in periferia, a incontrare i poveri di Roma, dice lui. Non lo sa questo che a San Basilio il più pulito s’è mangiato sette bambini senza nemmeno cuocerli. Siamo qui per proteggerlo”.  Manuel allora si tranquillizzò e prese coraggio: “Ma non dovrebbe proteggerlo Dio?”. Il capitano mosse un labbro imitando quello che secondo lui doveva essere un sorriso: “Dio non ha un Barret M107 a ricarica sequenziata”.